Il Jobs Act, almeno nella parte destinata a diventare realtà nei tempi che la drammatica situazione della disoccupazione giovanile richiede, comporta di fatto l’introduzione di un periodo di prova di 3 anni durante il quale il lavoratore può essere licenziato senza preavviso. I lavoratori con contratti a termine sono protetti dalle norme sui licenziamenti durante la vita dei loro contratti e, sin qui, si potevano avere al massimo due rinnovi dello stesso contratto con un’impresa nell’arco di 3 anni.

Secondo la bozza di decreto uscita dal consiglio dei ministri di ieri, invece, sarà d’ora in poi possibile assumere un lavoratore con contratti di una settimana, fino a 156 volte di fila, arrivando a tre anni di lavoro in prova. Alla fine di ogni settimana il lavoratore può essere di fatto licenziato a costo zero senza alcuna motivazione. Rimossi anche i vincoli di assunzione al termine del periodo di apprendistato. Può essere giusto togliere una serie di costi burocratici introdotti dalle riforme Damiano e Fornero, servirà ad aumentare le assunzioni.

Ma qui si rende ancora più acuto il dualismo fra contratti temporanei e contratti a tempo indeterminato, una volta di più tenuti al riparo da qualsiasi ritocco normativo. I due mercati del lavoro paralleli saranno così più lontani l’uno dall’altro in quanto a tutele e salari, dunque costo del lavoro, per cui sarà ancora più difficile passare dai contratti a termine a quelli senza scadenza. Stiamo in questo ripetendo 30 anni dopo gli stessi errori della Spagna: milioni di lavoratori che passano in continuazione da un contratto temporaneo all’altro, proteggendo con la loro flessibilità i lavoratori rappresentati dal sindacato, dato che il rischio di perdere il lavoro si concentra su altri.

L’approvazione da parte della Cgil (e di Sacconi) di questi provvedimenti è molto eloquente. Frequente il riferimento nelle presentazioni al terzo settore. Non vorremmo si scegliesse di imitarne il mercato del lavoro, che è troppe volte sinonimo di precariato, con persone che operano nell’associazionismo e nelle cooperative prive di qualsiasi assicurazione sociale, al di sotto di standard minimi. Anche perché i contratti di una sola settimana non daranno mai diritto a un sussidio di disoccupazione, anche il più generoso del mondo.

Tito Boeri, su Repubblica