Questo qui sopra è la parte più succosa del Destinazione Italia, il piano del governo per rilanciare le imprese italiane all’estero. Ma Destinazione Italia è soprattutto un decreto, alle camere in questi giorni, in cui dentro c’è tutto il possibile immaginabile, compresa la legge sul finanziamento ai partiti, lo svuota-carceri, il taglio delle bollette di luce e gas e il salva-Roma. Più o meno un milleproroghe bis.
Uno dei tanti emendamenti passati e poi ritirati per poi fatti ripassare senza spostare una virgola, regola le modalità di bonifica dei 39 siti inquinati intercettati dal Ministero per l’ambiente dal 2002 a oggi (da Taranto a Crotone, da Gela a Brescia, da Priolo a Marghera, con la Terra dei fuochi fiore all’occhello).
Il comma 5 dell’art. 4 del decreto Destinazione Italia dice:
Gli Accordi di Programma di cui al comma 1 possono essere stipulati anche con soggetti che non soddisfano i requisiti di cui al comma 4 alle seguenti ulteriori condizioni: a) i fatti che hanno causato l’inquinamento devono essere antecedenti al 30 aprile 2007
Direttamente dal politichese-italiano di Zanichelli: le aziende che avrebbero inquinato le 39 zone recensite dal Ministero dell’ambiente, verrebbero parzialmente condannate dal principio ‘chi inquina paga’ solo se i “fatti sono antecedenti al 30 aprile 2007“. Inoltre solamente i territori che hanno ricevuto la certificazione di SIN (i Siti di Interesse Nazionale contaminati che devono ancora essere bonificati) dopo quella data sarebbero esentati dal condono. Alle aziende sarà sufficiente raggiungere un accordo con il governo per escludere “ogni altro obbligo di bonifica e riparazione ambientale“, facendo venir meno “l’onere reale per tutti i fatti antecedenti all’accordo medesimo“. In pratica è il solito condono per chi commette illecito.
Ma dato che in Italia non ci facciamo mancare mai nulla, in aggiunta a quanto sopra sono previsti dei sussidi per le centrali a carbone più inquinanti – come quella, ad esempio, per la realizzazione di una centrale termoelettrica a carbone nel Sulcis che beneficerà di 1,2 miliardi di euro spalmati in venti anni. Alla faccia della riduzione dei gas serra!
La norma prevede che gli inquinatori firmino una transazione con i ministeri dell’Ambiente e dello Sviluppo economico esentandoli da ogni altro obbligo di bonifica sul sito dell’inquinamento non previsto dall’accordo siglato. In sostanza significa che una volta firmato l’accordo – e incassate le dovute agevolazioni statali – l’azienda che ha inquinato e che sta bonificando l’area, non sarà tenuta a risarcire per altri eventuali inquinamenti scoperti successivamente. Insomma, basterebbe fare indagini approssimative e il giochetto è fatto.
Un dato, uno solo: il giro di affari del risanamento ambientale si aggira attorno ai 30 miliardi di euro, soldi che incasseranno le aziende appaltatrici per bonificare le aree SIN da chi ha inquinato. Trenta miliardi che possono girare anche solo da una mano all’altra.
In una nota il ministro dell’Ambiente Andrea Orlando ribadisce che non c’è nessun condono tombale per gli inquinatori: «attraverso uno strumento già sperimentato come l’accordo di programma si è inteso coniugare la necessità di bonificare queste aree contaminate con l’esigenza di rilanciarne le vocazioni industriali da tempo pregiudicate dalla condizione di inquinamento». Tuttavia, conclude Orlando, «per fugare ogni incertezza in merito ed elaborare risposte che, ove ritenuto indispensabile, potranno eventualmente tradursi anche in maggiori chiarimenti del testo di legge, gli uffici tecnici del ministero stanno lavorando per dissipare qualunque ombra sulla norma in oggetto». E noi, con la massima buona fede, aspetteremo eventuali ombre da dissipare.
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