La crescita del PIL di un semplice +0,2% nel secondo trimestre del 2015 non ha entusiasmato nessuno – anche se la crescita acquisita è pari allo 0,4% – l’obiettivo però rimane quel +0,7% annunciato più volte dal Tesoro. Al MeF sono sempre convinti che riforme strutturali e politica economica favoriranno un ritmo più sostenuto. Ma oggi, dopo la svalutazione dello yuan, potrebbero esserci serie difficoltà nella stesura della prossima legge di stabilità perché il governo contava, appunto, su una crescita più solida per far quadrare meglio i conti.

Secondo alcuni analisti, Renzi è atteso da una sfida improba per portare a casa le riforme annunciate. Non a caso in cima all’agenda rimangono le privatizzazioni, la riforma del sistema bancario e quella, fondamentale, della giustizia civile. Ma una crescita ancora modesta, suffragata da dati non entusiasmanti su base annua, impone al governo di aumentare gli sforzi per favorire una ripresa che, pur visibile, stenta a decollare.

Il primo compito del governo è quello di eliminare i 16 miliardi di clausole di salvaguardia come promesso da Renzi. I tagli fiscali da 35 miliardi annunciati nelle settimane scorse saranno il passo successivo: 5 miliardi se ne andranno l’anno prossimo tra abolizione di Imu e Tasi; altri 15 nel 2017 con un altro taglio del costo del lavoro e delle tasse sulle imprese; ed infine ulteriori 15 nel 2018 con gli interventi su pensioni minime e scaglioni Irpef.

Per ogni taglio deve però necessariamente corrispondere un aggiuntivo sgravio sul costo del lavoro – nella fattispecie: sgravi per i neoassunti, con vantaggi maggiori per il Sud – e maggior sostegno ai poveri con la riduzione delle tasse e irrobustendo, finché è possibile, il pacchetto di misure in appoggio dei redditi bassi adottando quegli interventi a favore delle fasce più abbienti più volte evidenziati.

Più difficile invece immaginare lo scenario pensionistico. Interventi significativi sul fronte delle pensioni, soprattutto in materia di flessibilità in uscita, probabilmente non se ne vedranno nemmeno l’anno prossimo per ragioni di bilancio. Ciò significa che l’idea tornata a circolare in questi giorni di varare un’altra salvaguardia per tamponare ancora una volta la questione degli esodati, è quasi certa.

Ma la manovra 2016 sembra essere in alto mare perché non si sa ancora come reperire le risorse. Secondo le ultime stime dovrebbe aggirarsi attorno ai 25-30 miliardi di euro. Il governo ha già individuato la copertura di circa 15 attraverso la (solita) spending review. Un ulteriore revisione della spesa contribuirebbe però a rallentare ulteriormente l’economia anziché sostenerla; allo stesso modo, far leva sull’aumento del deficit ci porterebbe nuovamente ad un PIL in lieve crescita ma solo sul brevissimo periodo. L’incognita rimane Bruxelles: ci ha già concesso un margine dello 0,4% in più sul deficit – e con un misero 0,1% ancora da sfruttare – ma con il miliardo e mezzo che ci resta sarà arduo risolvere i problemi.

Più che tenere botta, Renzi dovrà preoccuparsi di trattare con la Commissione Europea per avere un margine di manovra più ampio. Già mi vedo la Merkel…