Può darsi che mi sbagli, ma non credo che la scelta di Hollande di silurare il suo premier e di sostituirlo con il ministro degli Interni Valls, sia una mossa che gli salverà la poltrona. Mi sembra che rientri nel tipico percorso di una sinistra che sconfitta dalla destra prova ad imitarla ricevendo in cambio il solito risultato: non convincere gli elettori di destra e scontentare quelli di sinistra, rivelando una sudditanza psicologica tipica da arbitro di serie A.

Hollande è stato eletto tra enormi speranze, in patria e all’estero. Nei primi mesi di presidenza ha detto tanto facendo poco, e quel poco che ha fatto gli è stato demolito sotto il naso. Come la supertassa ai milionari. A fine anno, piegato dalle contraddizioni intrinseche alla zona euro, nonostante un rapporto Deficit-Pil che Renzi può solo sognare, oltre il 4%, si è convertito alle politiche economiche tedesche. Adesso, pensando di arginare l’arrembante Le Pen, sceglie un ministro legge e ordine dicendo di aver capito il messaggio dei francesi. Poi dice che il governo deve convincere l’Europa su conti pubblici e competitività pur rimanendo sotto sotto una malferma forma di marxismo elitario. Chissà cosa pensa di aver sentito.

E come ogni marxista rimane convinto che sia la struttura a dettare le forme della sovrastruttura, anche Krugman, oggi su Repubblica, parla del rischio che gli Stati Uniti, nati come reazione democratica all’Europa aristocratica, si sono trasformati in un’aristocrazia del denaro nel giro di una generazione. Democrazia, parlamentarismo, governo del popolo non sono leggi iscritte nel codice genetico dell’uomo. Sono la rappresentazione simbolica di una ricchezza e di un potere che si diffondeva. Se il potere torna a concentrarsi – e oggi le ricchezze sono più concentrate di qualsiasi altro momento dal 1789 ad oggi – le strutture politiche si adegueranno: i parlamenti spariranno o le loro attribuzioni saranno cosmetiche, i governi saranno comitati d’affari come lo sono quelli europei di destra o di sinistra. E per finire torneranno le dinastie, già prontamente anticipate dai Bush e dai Clinton. Il mio pensiero, diciamocelo, ormai conta ben poco. Come quello dei tanti.