Nonostante le violente proteste popolari il Regno di Scozia non esiste più dal 1° maggio del 1707 ma da quella data questo lembo di terra che costituisce un terzo della Gran Bretagna non ha mai perso la propria identità e la propria cultura grazie all’esistenza di istituzioni legali, educative e religiose distinte da quelle del resto del Regno Unito. Mancano solo poche ore al referendum per l’indipendenza della Scozia e da molti questa è considerata un occasione più unica che rara perché gli scozzesi possano dire “yes” e riconciliarsi con le proprie radici storiche e la propria grandezza originaria. Il 18 settembre 2014 si terrà un referendum di valore storico che cancellerebbe per sempre il ricordo di quel lungo conflitto che per mezzo di violente vessazioni ha portato ad un unione coatta e alla rimozione forzata del culto cattolico.

Il referendum è stato indetto dal Governo scozzese in seguito ad un accordo, ottenuto dopo mesi di trattative, tra il primo ministro Alex Salmond e il premier britannico David Cameron. Verrà chiesto a tutti gli scozzesi a partire dai 16 anni di età di esprimere la propria preferenza e quindi scegliere se separarsi o meno dal Regno Unito, diventando così di nuovo uno stato indipendente dopo quasi 307 anni.

Prima che si arrivasse al referendum di passi verso l’indipendenza se ne erano già fatti. Nel 1999 fu re-istituito, ad esempio, un parlamento locale, il Parlamento scozzese, con autorità su molti ambiti di politica interna. Salmond che dal 2004 è a capo dello Scottish National Party durante la terza legislatura del Parlamento scozzese non era riuscito ad ottenere il supporto degli altri partiti per indire un referendum analogo e si è successivamente impegnato nel proseguire i negoziati dopo aver vinto le elezioni del 2011 e aver ottenuto la maggioranza assoluta del parlamento scozzese. Il 10 gennaio 2012 il governo scozzese ha annunciato l’intenzione di indire la consultazione nell’autunno del 2014 arrivando all’accordo firmato il 15 ottobre 2012. Gli scozzesi da sempre preferirebbero essere uniti all’Inghilterra da un rapporto di buon vicinato piuttosto che da un matrimonio forzato.

Ma quanto verrebbe a costare questo divorzio? La paura principale è quella che per la Scozia il futuro si faccia più incerto. Dai pulpiti londinesi non si predica altro che il rischio di un vero e proprio salasso economico. Gli unionisti ribadiscono attraverso il loro slogan: “Better together”. Intanto nel dubbio che passato l’entusiasmo iniziale tutto questo possa portare ad un devastante declino, la maggiori banche scozzesi hanno dichiarato d’esser pronte al trasferimento delle loro sedi legali da Edimburgo a Londra. I rappresentanti delle grandi banche, dell’industria petrolifera, del Fondo Monetario Internazionale e del mondo editoriale (Financial Times e dell’Economist) non fanno mistero di schierarsi per il “no” all’indipendenza.

Eppure votando “sì” si potrebbe dire finalmente addio alla costruzione di armi nucleari e rafforzare le proprie risorse producendo maggiore occupazione e benessere. La Scozia possiede ricche riserve di petrolio e potrebbe diventare uno dei fornitori leader di elettricità a livello mondiale grazie alle sue numerose risorse naturali che consentono di investire sull’energia sostenibile. Due settori che garantirebbero il lavoro. Nuovi posti di lavoro arriverebbero inoltre con l’indipendenza poiché servirebbero uffici fiscali, motorizzazione e altri che ora sono centralizzati.

Teoricamente, quindi, il trauma non dovrebbe essere poi così violento. Secondo il progetto di Salmond, la Scozia diverrebbe nei fatti una nazione autonoma ma parte del Commonwealth delle nazioni (come Canada e Australia), con governo completamente indipendente ma continuando a riconoscere il monarca britannico come simbolico Capo di Stato.

È un’opportunità storica, che si presenta una sola volta nella vita – dice Alex Salmond sostenendo di non avere dubbi sulla possibilità di una vittoria dei “sì” e neppure di misura – puntiamo a non vincere di un voto ma a realizzare una netta maggioranza a favore dell’indipendenza“.