La neutralità della rete non è un semplice titolo per nerd: è quell’insieme di rapporti le cui regole sanciscono che ogni individuo ha il diritto di non subire restrizioni in Rete, obbligando i fornitori di servizi a occuparsi solamente di far arrivare i dati internet a destinazione senza privilegiare nessuno a scapito di altri. A tal proposito, nel 2015 è stata pubblicata in Italia la Dichiarazione dei Diritti in Internet, la quale, al comma 1 dell’art. 2, recita così: “L’accesso ad Internet è diritto fondamentale della persona e condizione per il suo pieno sviluppo individuale e sociale”.

Inoltre, i due soli commi dell’art. 4 sono ancora più espliciti perché diventano una definizione:

  1. Ogni persona ha il diritto che i dati trasmessi e ricevuti in Internet non subiscano discriminazioni, restrizioni o interferenze in relazione al mittente, ricevente, tipo o contenuto dei dati, dispositivo utilizzato, applicazioni o, in generale, legittime scelte delle persone”.

  2. Il diritto ad un accesso neutrale ad Internet nella sua interezza è condizione necessaria per l’effettività dei diritti fondamentali della persona”.

Internet è un diritto fondamentale della persona.

La neutralità della Rete, quindi, vieta agli ISP (Internet Service Provider, fornitore di servizi Internet) di accordarsi con i fornitori di contenuti per privilegiare e/o velocizzare i dati di quest’ultimi a svantaggio di chi non può permettersi accordi analoghi, condizione necessaria per non creare corsie particolari che rallentino o blocchino alcuni contenuti. Le regole valgono ovviamente anche se un fornitore di servizi internet è pure un fornitore di contenuti: se Tim, ad esempio, essendo un fornitore di accesso a internet e proprietaria di un canale streaming, decidesse di favorire TimVision – rendendolo più veloce o di più facile accesso per chi è abbonato al suo canale -, e rallentasse o addirittura bloccasse in alcune zone Netflix e Amazon Prime, chiaramente sta manipolando la neutralità della Rete a proprio vantaggio. Naturalmente gli esempi sono infiniti, partendo dai siti di news fino ad arrivare alle applicazioni per cellulari, ai servizi musicali etc. La Net Neutrality, come avrete capito, è fondamentale per la nostra vita in Rete. Qualcuno però non è d’accordo.

Negli Stati Uniti, la Federal Communications Commission (Fcc), cioè la commissione che regola le comunicazioni negli Usa (oggi a maggioranza repubblicana), ha abolito la Net Neutrality approvando un nuovo regolamento, sostenuto personalmente dal presidente Trump, che elimina il precedente voluto da Obama nel 2015 il quale rendeva i servizi internet per tutti. Il nuovo regolamento ha quindi consegnato l’accesso a internet ai soli ricchi che potranno pagarsi la Rete, ovvero coloro che detengono il vero potere economico americano.

Ma la neutralità della Rete non è soltanto libertà di contenuti e velocità dei dati; la neutralità della Rete è soprattutto innovazione e competizione digitale. Provate a pensare ai giganti di internet senza neutralità della Rete. Pensate a quel miliardo di persone nel mondo che usano Facebook perché la loro rete è uguale al resto dei loro connazionali; pensate a quanti prodotti Google potreste usare – o anche scartare – senza la neutralità della Rete; pensate all’uso diverso che fareste col vostro iPhone se la Rete non fosse neutrale. E provate a pensare di non poter accedere ai vostri siti preferiti – news, ma anche e-commerce, social network, giochi online… – e cosa accadrebbe alla libertà di espressione, di stampa e di pensiero. Pensate se ad esempio il vostro provider internet vi chiedesse più soldi solo per farvi navigare alla stessa velocità attuale; o per darvi la banda adeguata per guardare Netflix; per farvi scorrere fluidamente Youtube; per ascoltare Spotify senza lag ridondanti… Insomma, pensate come sarebbe diversa la vostra vita in Rete. Pensatelo soprattutto se avete amici americani. E adesso pensate se un giorno non troppo lontano capitasse anche a voi. Brutto, eh?

Il più grande spazio pubblico che l’umanità abbia mai conosciuto sta morendo. Ovviamente non è solo colpa di Donald Trump, ma il Presidente americano ha contribuito ad accelerarne il declino.