Niente sarà più come prima. Il 2020 ha cambiato le nostre vite e le nostre abitudini: per tutti, a parte chi ha vissuto la guerra e le passate carestie, la situazione attuale è una novità a cui non eravamo preparati.

La nostra vita spensierata e senza particolari problemi, è stata sostituita dalla consapevolezza del virus: dalla paura del contagio alle limitazioni delle nostre libertà personali. E quando tutto questo finirà, non torneremo ad essere quello che eravamo prima perché le conseguenze della pandemia rimarranno a lungo nel nostro modo di essere, nella nostra vita di tutti i giorni, nella nostra economia. Si ripartirà da una sorta di “Anno Zero”, in cui il Covid-19 sarà lo zero assoluto della nostra esistenza.

A differenza di altre tragedie, questo virus non conosce confini e colpisce chiunque, in tutti i continenti. Siamo cittadini del mondo, un mondo senza frontiere il cui dramma sanitario ci fa stare tutti sulla stessa barca, alla deriva oltre le linee immaginarie disegnate da uomini come noi. E come noi, anche loro alla deriva. Un mondo alla deriva in cui ognuno ha un conoscente che non ce l’ha fatta, un amico segnato a vita dalla malattia, nel carattere e nel corpo.

Una strage collettiva di cui ancora non ne conosciamo la fine, ma abbiamo la consapevolezza che, in futuro, staremo più attenti. Perché il virus ci ha insegnato una cosa fondamentale: sottovalutare il rischio non sarà più una prerogativa umana, ogni campanello d’allarme su qualsiasi crisi avrà una platea di ascoltatori più attenti e responsabili. È triste però notare che ci è voluto il Covid per arrivarci.

Alla fine della pandemia ci ritroveremo in un mondo diverso, plasmato non dagli uomini ma dalla natura. Un mondo che probabilmente sarà al collasso economico: dicono gli esperti che il Covid porterà circa 25 milioni di nuovi disoccupati da aggiungersi al già enorme esercito di chi un lavoro non lo aveva neanche prima. Tutti i programmi per la riduzione della povertà andranno riscritti, come riscritti saranno i trattati di libero scambio tra paesi. Il welfare andrà riscritto.

Ma potrebbe essere un bene, come in qualsiasi crisi che abbiamo attraversato: gli investimenti pubblici nel sociale saranno ridefiniti e rafforzati; la Sanità pubblica tornerà ad essere il nostro punto di riferimento sanitario, con i tagli che diventeranno più equi e le assunzioni avranno criteri più trasparenti e competenti. Non potranno più ripetersi gli errori fatti finora.

Non bisogna abbassare la guardia, quando tutto questo finirà, soprattutto sulla Democrazia. Negli ultimi mesi i nostri diritti costituzionali sono stati sospesi, la privacy è stata messa in discussione dai nostri leader e dal popolo stesso. Il motivo di tutte queste restrizioni è la guerra al virus: lo accettiamo se serve a salvare vite. Ma è indispensabile che, finita la pandemia, tutto questo venga ripristinato immediatamente. Il Covid non dovrà mai diventare il capro espiatorio per una sorveglianza di massa definitiva. Non lo possiamo accettare!

Nel post-virus vivremo in un mondo nuovo – forse migliore – ma probabilmente più consapevoli delle nostre fragilità, delle nostre certezze. Un mondo in cui sapremo gestirci meglio; un mondo che saprà ripristinare gradualmente le certezze del passato. Un mondo fatto di persone che saranno diventate adulte, consapevoli e responsabili su ciò che potrebbe rappresentare il futuro, capaci di affrontare meglio le prossime difficoltà. Un mondo fatto di uomini e donne che si sono resi conto che nulla è più come prima. Perché prima ci renderemo conto delle nostre nuove certezze, prima ripartirà la ricostruzione.