Quando il primo febbraio del ’79 l’ayatollah Khomeini fece rientro in Iran dopo la rivoluzione contro lo Scià, vennero creati i “pasdaran” per proteggerlo. Oggi il potere dei pasdaran non è solo militare, è soprattutto economico

Quando il primo febbraio del ’79 l’ayatollah Khomeini fece rientro in Iran dopo la rivoluzione contro lo Scià, vennero creati i “pasdaran” per proteggere il leader spirituale della nascente Repubblica Islamica dell’Iran. Nel maggio dello stesso anno venne istituito il “sepah e-pasdaran“: organizzazioni di pasdaran in ogni provincia coordinati dai mullah locali. La tenuta sul campo delle nuove guardie ‘divine’ fu sperimentata nella sanguinosa guerra Iran-Iraq segnando generazioni di giovani iraniani ma rafforzando la spiritualità delle guardie.

A distanza di quasi quarant’anni, i pasdaran sono tra le figure più importanti dell’Iran che, volente o nolente, è costretto a cambiare pur mantenendo intatto il prestigio delle guardie repubblicane, e, anzi, aumentando a dismisura il loro potere. Oggi l’organizzazione conta 103mila soldati nella forza di terra, 5mila nell’aviazione, 20mila nella marina; controllano i missili strategici e l’aerospazio, il programma nucleare, in un’efficienza consolidata dopo i successi raggiunti in Iraq e in Siria negli ultimi tre anni.

La forza dei pasdaran non è solo militare, è soprattutto economica: dagli anni Ottanta si fecero affidare i beni confiscati ai sostenitori dello Scià fuggiti all’estero. Le loro attività comprendono banche, imprese edili che fanno affari con lo stato (aeroporti militari) e con i civili (grande distribuzione); sono proprietari di “Khatam Al Anbia“, un general contractor da 7 miliardi di dollari di fatturato, e di “Oriental Oil Kish”, la più fiorente società petrolifera del paese.

A capo delle Guardie Repubblicane c’è il generale Qassem Suleiman, eroe di Iraq e Siria, il cui compito, per sedare la rivolta che da Mashhad si è diffusa in tutto il paese, è di passare il comando al generale Mohammed Reza Naqdi: da lui infatti dipendono i “basiji“, i picchiatori pronti a scendere in piazza come nel 2009 e nel 1979.

È un dato di fatto: da quarant’anni i pasdaran sono sempre in prima fila quando si tratta di mantenere il potere dell’ayatollah e dell’Islam, e nemmeno il presidente riformatore Hassan Rouhani, uno che vuole far diventare la Repubblica iraniana una specie di democrazia, riuscirà a bloccare la nuova ondata di sangue che ha già lasciato sul campo 40 morti.