L’elezione di Silvana Sciarra alla Corte Costituzionale e Alessio Zaccaria al CSM, ha fatto capire al centrodestra chi è che detiene attualmente il potere in Parlamento, e lo specifica proprio dove ai forzisti fa più male: la Giustizia. Insieme alla bocciatura di Stefania Bariatti e allo strappo con Ncd sulla responsabilità civile dei magistrati, in commissione Giustizia del Senato, il Pd di Renzi ha detto esplicitamente a Berlusconi che il Patto del Nazareno non è vincolante per il governo – le riforme si continuano a fare con chi ci sta – e che il salvataggio di Alfano, dopo la mozione di sfiducia di Sel, non sarà indolore per gli equilibri interni dell’esecutivo.

La chiave di lettura è, evidentemente, doppia: da un lato calmierare la base del Pd a cui gli accordi col centrodestra non sono mai andati giù; dall’altro stabilire le gerarchie all’interno della maggioranza specificando, ove ce ne fosse bisogno, che l’Italicum (è già iniziato l’iter al Senato) e la legge sui diritti civili sono, e lo saranno sempre, inclusivi per tutto il Parlamento. Per cui, a leggere meglio i virgolettati dei giornali, il Pd non si è affatto calato le braghe pur di appoggiare il Ministro dell’Interno ma ha fatto di necessità virtù puntando alle riforme sovrapponendo “chi ci sta” alla maggioranza. Ed è un bene, secondo me, pur restando dell’idea che Alfano doveva dimettersi o sfiduciato anche dal Pd.

Il Pd, in questo momento, ha il coltello dalla parte del manico e, in teoria, può fare quello che vuole. Ma in realtà, e lo si nota dall’abilità di Renzi di parlare – e di trattare, quando occorre – col resto dei politici, compresi quelli della minoranza interna, non è così per il semplice motivo che il Partito Democratico cerca sempre l’inclusione politica, anche se poi a decidere è sempre Renzi.

Tuttavia, è stato evitato l’impasse di Letta e non c’è stata nessuna contrapposizione tra gli interessi del governo (e del Paese) – vedi gli accordi più o meno trasparenti con Berlusconi – e gli interessi politici dei partiti: Palazzo Chigi frena con Berlusconi quando Forza Italia va sotto nei sondaggi, ma nel contempo apre ai grillini per sbloccare l’elezione alla Consulta. Se questa “apertura” troverà altri sbocchi è ancora presto per dirlo; sappiamo però che la base del Movimento è stufa dei “niet” continui di Di Battista e soci votando ad ampia maggioranza per la Sciarra e, dunque, l’accordo col Pd. L’abilità di Renzi a “vendere” i suoi pezzi forti ha infine fatto breccia persino negli ostici 5Stelle.

Il Pd non ha i numeri in Parlamento, però ha un leader che può tirare la corda all’infinito fermandosi giustappunto un attimo prima che si rompa (almeno finché i sondaggi lo danno per vincente). La fotografia in fin dei conti non è così difficile da inquadrare: il Pd è l’unico partito che rimane credibile per l’opinione pubblica; Renzi è l’unica alternativa anche perché nel centrodestra non esiste un’alternativa credibile da mandare in campo; gli unici avversari con un certo margine sono Salvini e, paradossalmente, la sinistra Pd che però non ha un leader capace di portare all’unità delle correnti, quindi si sgretolerà appena farà il passo successivo. Sul fronte opposto, Forza Italia e M5S sembrano incapaci di trovare la quadra anche sulle situazioni meno complesse.

Ma nessuno vorrebbe andare al voto prima dell’approvazione dell’Italicum: Renzi perché non avrebbe il bonus di maggioranza di cui spera; Berlusconi perché con l’attuale proporzionale a liste bloccate, il Consultellum, rischia di diventare irrilevante; Grillo perché a spanne avrebbe la stessa irrilevanza di Forza Italia. L’unico che potrebbe farci un pensierino, visti gli ultimi sondaggi, è Salvini, ma solo per contare un po’ di più.

L’incognita rimane comunque Giorgio Napolitano: se il Presidente della Repubblica dovesse abdicare come scrivono diversi giornali, lo spettro di elezioni anticipate si eclisserà grossomodo lo stesso giorno. Re Giorgio è considerato un po’ da tutti i partiti come la garanzia delle larghe intese, se dovesse dimettersi l’ultimo problema a cui la politica penserà sono le elezioni anticipate. L’escalation al voto non ci sarà,  la nostra classe politica lo teme troppo.