Nel contratto di governo non c’è scritto che i due maggiori azionisti dell’esecutivo Conte – Lega e M5S, Salvini e Di Maio – debbano coprirsi le spalle a vicenda, anzi, uno dei due (Salvini) si sta preparando al golpe subito dopo le Europee di maggio 2019.

È paradossale come un partito al 17 per cento possa fare le scarpe all’alleato che detiene il 32 per cento alle ultime politiche. A nessuno è venuto in mente che Salvini, forte della costruzione mediatica e politica messa in saccoccia dall’indomani del voto del 5 marzo, possa tranquillamente spodestare il trono dei 5Stelle e diventare Presidente del Consiglio per manifesta incapacità dell’attuale governo Conte.

La strategia spregiudicata del Ministro degli Interni d’altra parte non tiene conto dei guai personali di Di Maio, e a dire il vero non gli interessa proprio: il suo unico verbo è e rimarranno gli immigrati, la sua unica chiave di lettura è la paura.

D’altronde è l’unico modo per spiegare come un politico sovranista, xenofobo e antieuropeo possa rassicurare gli imprenditori se non con la morale a doppia velocità: l’idea stessa che l’Italia si possa fermare, che i debiti e i mutui possano aumentare, fa sì che Salvini possa venire considerato come una sorta di salvatore della patria il cui posto all’interno di questa irresponsabile maggioranza è solo un passaggio prima di ricevere i gradi per la guida della nazione. Una sorta di apprendistato, possiamo addirittura considerarla la classica gavetta.

In pochi, del resto, danno colpe eguali a Lega e 5Stelle della catastrofica condizione politica in cui ci troviamo; in fin dei conti sia Salvini che Di Maio hanno scritto nero su bianco sul contratto che l’Europa dei burocrati è la colpevole dei mali italiani. Quindi, figuriamoci se qualcuno rispolvera dall’armadio i programmi elettorali dei due vincitori e ci trova delle proposte economicamente sostenibili. Prima, però, deve capire com’hanno fatto due partiti distantissimi tra loro, sui temi e sulla vision, ad essere andati a braccetto al governo.

Non è difficile capirlo, anzi la cosa è facilmente intuibile leggendo tra le righe dei discorsi di Salvini. Ogni argomento è trattato su due binari distinti e separati: il primo distruttivo verso gli alleati (i termovalorizzatori, l’assistenzialismo del reddito di cittadinanza), il secondo costruttivo verso le imprese del nord (la TAV, il Terzo Valico). Se poi si parla di Europa, ecco spuntare l’anima presentabile della Lega con Giorgetti. Salvini non arriva mai allo scontro diretto con il M5S.

Una strategia costruita con cura, una tattica su cui farsi le ossa in questa fase di pre-governo Salvini: da un lato è riuscito a tenere in piedi la storica alleanza col centrodestra con un Berlusconi ormai prono al più giovane leader; dall’altro il contratto per un esecutivo fantoccio con i 5Stelle su cui sviluppare il suo disegno politico in attesa dell’avvento.

Ci sa fare, Salvini. Sta maturando come politico di lungo corso (in effetti lo è, basti pensare che è in campo dal lontano 1990): stringe le mani di imprenditori e banchieri che gli chiedono stabilità, convince gli operai di sinistra a votare per la Lega, ai pensionati promette l’aumento della minima. Sorride e rassicura tutti. Si vede come il Berlusconi del XXI secolo, l’unico salvatore della patria che lotta contro lo spread e l’incertezza dei mercati. Se non si arriverà ad una vera crisi di governo a breve, poco male, dopo le elezioni europee il leghista sarà pronto all’incasso: in periodo di saldi, vorreste mancare al black friday leghista?