A conti fatti, “la più grande manovra di taglio di tasse della storia italiana” non è filata liscia come speravamo. Il filo conduttore che regola questa sincopata riforma futurista, è brevemente riepilogata così:

TFR SI. Se siete dipendenti privati e chiedete il Tfr in busta paga, sappiate che se avete un imponibile annuo lordo superiore a 15.000 euro pagherete più tasse e non avrete nemmeno il bonus di 80 euro. Non si salvano nemmeno le soglie Isee perché se perdeste prestazioni di welfare, quella sarà la certificazione che siete diventati agiati. Contenti, eh?

TFR NO. Se invece non volete il Tfr in busta (perché siete già agiati, mica frattaglie!), sappiate che la tassazione della rivalutazione annua passerà dall’11 al 17 per cento. Poi, quando avrete in mano la prima busta con la nuova (de)tassazione, fatevi due conticini sulla tosatura: troverete bei punti socio Coop.

Se siete invece dipendenti pubblici ritenetevi tra i fortunati possessori del biglietto vincente: per voi niente Tfr in busta e nessuna (de)tassazione privilegiata perché il rischio è di aumentare la spesa pubblica. Per cui continuate a boccheggiare come avete fatto finora, però fatelo in silenzio per cortesia: in fin dei conti siete sempre i padroni del vostro destino.

Se invece siete tra quei poveri illusi che danno fiato al pensiero della Camusso chiedendo un aumento dell’imposta di successione, per voi Palazzo Chigi ha tassato al 26 per cento (agli eredi, mica a voi) le plusvalenze delle polizze vita.

Il futuro è luminosissimo, non siete contenti?