Jean Tirole, l’economista francese che ha vinto il Premio Nobel 2014, è conosciuto per l’ampiezza e la portata dei suoi lavori in tutta una serie di campi economici. La Royal Swedish Academy ha specificamente premiato la sua ricerca in materia di concorrenza e antitrust definendola la più meritevole. Cerchiamo di capire perché sono importanti i lavori del neo premiato.

Un buon punto di partenza è il suo saggio del 2002 – scritto con Jean-Charles Rochet – “Platform Competition in Two-Sided Markets” sulla concorrenza nei due lati del mercato. Tra gli innumerevoli spunti, il libro offre una significativa spiegazione al perché così tante aziende leader di internet – soprattutto Google e Facebook – non fanno pagare per i loro prodotti.

Nel pensiero più semplificato degli affari, una società ha fornitori e clienti, quindi un mercato su due lati: Apple vende iPhone per i clienti, ma raccoglie anche il 30 per cento lordo del prezzo di vendita delle applicazioni su App Store.

In un regime di prezzi considerato “ingenuo”, il proprietario della piattaforma carica semplicemente entrambi i lati del mercato sul prezzo finale, massimizzando di conseguenza il profitto. Ma questo, ovviamente, è fin troppo semplice. Il numero di persone che possiedono un iPhone è un fattore che gli sviluppatori considerano quando contemplano come interessati al momento di creare le applicazioni per iPhone. Allo stesso modo, il numero di applicazioni disponibili nello store è un fattore che i clienti considerano determinante quando diventano interessati all’acquisto di un iPhone. Il mercato dei due lati.

Se rinunciamo ad alcune entrate su un lato del mercato, la curva di domanda si sposta drasticamente sull’altro lato del mercato. A quel punto l’offerta acquisisce un significato più importante, o almeno più appetibile.

Il calcolo corretto dei prezzi può essere molto difficile da fare, tant’è che uno dei punti di forza del saggio di Tirole è quello di sottolineare la grande diversità delle strategie e dell’impegno con cui le imprese affrontano il mercato dei due lati. Ma Internet offre almeno un caso particolare di mercato bilaterale, ossia quello in cui il costo marginale di un prodotto su un lato del mercato è estremamente basso. In altre parole: mentre costa un sacco di soldi far funzionare Facebook, costa molto poco far utilizzare il servizio ad un cliente di Facebook. Lo stesso vale per Google: l’indicizzazione web è costosa, pagare gli ingegneri per lavorare sull’algoritmo di ricerca è costoso. Ma offrire il servizio takeaway al cliente costa praticamente nulla.

Quindi, per facile deduzione: la strategia dominante sul web ha dimostrato che per massimizzare la dimensione della base di utenti dev’essere a costo zero un lato dell’equazione. Poi, naturalmente, verseremo il nostro denaro sul secondo lato del mercato. Tirole fa anche un esempio secondo me molto calzante: si sente dire spesso dalla gente che “se non stai pagando il prodotto, tu sei il prodotto”. C’è qualcosa di vero in questo, ma il libro di Tirole-Rochet mostra che questa stessa dinamica esiste in una varietà infinita di aziende. Ogni volta che il mercato è su due lati ci sono contemporaneamente cliente e prodotto, ma solo se la piattaforma è “ad supported”.

I servizi web supportati dalla pubblicità diventano speciali quando è economicamente fattibile per loro offrire un prodotto a costo zero su un lato del mercato, in modo che le aziende non si occupino dei maggiori costi perché variabili. Inoltre è vero che a causa delle interazioni tra i due lati del mercato, queste piattaforme industriali si prestano al dominio totale di una singola impresa (mancanza di concorrenza e quindi monopolio attivo).

La domanda più importante da porsi è se il mondo degli affari può ancora reggere questo modo di pensare, oppure bisogna trovare una procedura alternativa per regolamentarlo. Dal momento che Google non addebita nulla alla sua massa di clienti, non si sono mai cercate le prove che questo monopolio aumenti effettivamente i prezzi.

Tirole, nella breve conferenza stampa dopo la premiazione, ha detto che l’autorità di regolamentazione deve vigilare sul gestore tradizionale per impedire l’innalzamento di barriere in entrata che potrebbero impedire la sua sostituzione con una nuova impresa più dinamica. Questo sarebbe il momento ideale per offrire un gestore unico, ma come scrive Tyler Cowen: “molte cose descritte nel documento vengono considerate ‘complicate’ dallo stesso autore. Ma con tutto ciò [fusion_builder_container hundred_percent=”yes” overflow=”visible”][fusion_builder_row][fusion_builder_column type=”1_1″ background_position=”left top” background_color=”” border_size=”” border_color=”” border_style=”solid” spacing=”yes” background_image=”” background_repeat=”no-repeat” padding=”” margin_top=”0px” margin_bottom=”0px” class=”” id=”” animation_type=”” animation_speed=”0.3″ animation_direction=”left” hide_on_mobile=”no” center_content=”no” min_height=”none”][Tirole] non presenta alcuna soluzione intuitiva riassumibile nei blog“. In estrema sintesi: siamo costretti ad accettare dei post mediocri su altrettanti blog mediocri.

Esportare il lavoro di Tirole sulla regolamentazione in una misura maggiore di quanto la gente oggi lo apprezzi, non è propriamente facile perché esistono problemi politici nel farlo. Attenzione però: non perché i politici sono corrotti o irresponsabili come si tende a pensare; perché, semplicemente, le domande sono veramente difficili.

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