La diversità di sesso dei nubendi, infatti, non può considerarsi un requisito minimo indispensabile affinché il matrimonio possa essere riconosciuto come tale [fusion_builder_container hundred_percent=”yes” overflow=”visible”][fusion_builder_row][fusion_builder_column type=”1_1″ background_position=”left top” background_color=”” border_size=”” border_color=”” border_style=”solid” spacing=”yes” background_image=”” background_repeat=”no-repeat” padding=”” margin_top=”0px” margin_bottom=”0px” class=”” id=”” animation_type=”” animation_speed=”0.3″ animation_direction=”left” hide_on_mobile=”no” center_content=”no” min_height=”none”][…] Né d’altro canto sussiste nel nostro ordinamento interno alcuna norma che preveda che l’appartenenza al medesimo genere di entrambi i coniugi costituisca un impedimento al matrimonio.

Posto, dunque, che non sussiste nessun divieto rispetto al riconoscimento del matrimonio tra persone dello stesso sesso, deve, dunque affrontarsi il diverso profilo delle possibile contrarietà all’ordine pubblico […] una nozione elastica che oggi non può più essere interpretata secondo una concezione di ispirazione statalista, ma deve necessariamente riferirsi alla comunità internazionale cui l’Italia partecipa. […] D’altra parte, a seguito dello stesso riconoscimento della Corte Costituzionale dell’inclusione delle unioni omosessuali nelle formazioni sociali tutelate ai sensi dell’Art. 2 della Costituzione appare ormai del tutto insostenibile anche in prospettiva, che comunque per i motivi anzidetti non si ritiene di poter accogliere, che veda l’ordine pubblico internazionale come insieme dei valori esclusivamente interni sui quali è fondato l’ordinamento. In particolare, rilevano l’Art. 9 della Carta Fondamentale dei Diritti dell’Unione Europea la cui formulazione consente intenzionalmente di prevedere al suo interno i casi in cui le legislazioni nazionali riconoscono modi diversi dal matrimonio per costruire una famiglia […] In estrema sintesi, da quanto emerge dalle decisioni della Corte di Giustizia dell’Unione Europea nonché dalla Corte di Strasburgo possono trarsi le seguenti conclusioni: la relazione affettiva e sentimentale tra due individui dello stesso sesso rientra nel concetto di vita familiare ai sensi dell’Art. 8 del CEDU e non solo in quello di vita privata […] alle unioni omosessuali deve essere riconosciuta una tutela equivalente a quella riconosciuta alle unioni eterosessuali anche diverse dal matrimonio, non c’è un solo modo di intendere la famiglia e la vita privata e la Convenzione EFU deve essere valutata tenendo conto che si tratta di uno strumento vivente.

In altri termini, grava sull’Italia, l’obbligo di offrire alle unioni omosessuali che chiedono il riconoscimento una tutela adeguata ed equivalente a quella offerta alle coppie eterosessuali , anche se il riconoscimento non deve necessariamente avvenire mediante l’accesso al matrimonio. […] Una volta chiarito che il matrimonio tra persone dello stesso sesso non può dirsi inesistente e non può dirsi contrario all’ordine pubblico, rimane in definitiva da chiarire se, a fronte del silenzio legislativo, sia inevitabile dare un’interpretazione. […]

Superato l’argomento delle contrarietà dell’ordine pubblico e dell’inesistenza, l’unico ostacola alla trascrivibilità sarebbe costituito da considerazioni sull’orientamento sessuale, inaccettabili ai sensi della Convenzione le cui norme non possono che rilevare quale parametro interposto anche in sede di interpretazione dalla Carta Costituzionale.

Il Tribunale di Grosseto, disattesa ogni contraria istanza:

Ordina all’Ufficiale di Stato Civile del Comune di Grosseto di trascrivere nei registri di stato civile il matrimonio contratto a New York (USA) con rito civile. Condanna i convenuti e gli intervenuti a rifondare solidamente le spese del presente giudizio ai ricorrenti che liquida in 4.000 euro.

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