Cartonati giganti con la copertina del libro a mo’ di scenografia, tavolo rettangolare standard ai cui lati siedono i due principali giovani della politica. E in mezzo lui, il cardinale dell’informazione politica italiana: Bruno Vespa. Alla presentazione del nuovo libro di Vespa stavolta non c’era il cavaliere bensì Matteo Renzi e Angelino Alfano, il neo segretario del Pd e il leader del Nuovo Centro Destra. Alfano si è però dimostrato debole davanti all’irruenza di Renzi. Se Vespa pensava di ritrovarsi due personaggi tranquilli si è dovuto ricredere in fretta, almeno per quanto riguarda il segretario Pd.

Alfano si è dimostrato vispo solamente quando si è giocato la carta delle nuove nomine prefettizie a maggioranza femminile. Ma Renzi l’ha subito congelato dicendo che lui i prefetti li vuole eliminare, non cambiarne il sesso. Nulla, non c’è stato verso di far andare d’accordo i due rampolli. Vespa, da segugio qual è, l’ha subito capito. A Renzi interessava solo graffiare l’avversario il più possibile, scambiando i tatticismi in base agli avvenimenti che gli spuntavano davanti. Alfano è d’accordo per cambiare la legge elettorale; Renzi risponde che bisogna farla subito, entro feb­braio in prima let­tura alla Camera e un mese dopo anche al Senato e senza necessariamente il consenso della maggioranza di governo. Il leader di Ncd dice che prima servono le riforme costituzionali; il segretario Pd le vuole rimandare a dopo l’approvazione della legge elettorale. Alfano sarebbe anche d’accordo solo che nel pome­rig­gio gli alfa­niani hanno soste­nuto l’esatto con­tra­rio in com­mis­sione alla Camera, dove però il Pd ha votato con le oppo­si­zioni.

Per Alfano tutto gira attorno alle riforme costituzionali, spauracchio che allontanerebbe una duratura poltrona da ministro. Renzi invece punta proprio su questo: trasformare il Senato in organo di secondo livello, com­po­sto esclusivamente dai sin­daci e dai pre­si­denti di regione. Di più: i sena­tori non eletti dovreb­bero comun­que par­te­ci­pare al pro­cesso di for­ma­zione delle leggi, tra cui le leggi costi­tu­zio­nali. È la prima volta che Renzi lancia una proposta del genere e per questo farà molto discu­tere. La butta lì, da Vespa, solo per met­tere in difficoltà l’alleato. Il mini­stro arre­tra: «ne discu­te­remo». Il sin­daco non ci sta: «Io sono pronto adesso, ho die­tro di me gli elet­tori delle pri­ma­rie, tu hai solo Quagliariello».

Angelino è in difficoltà e lo si denota quando avverte la platea delle sue buone intenzioni: «Avete qui due lea­der di par­tito che vogliono entrambi sin­ce­ra­mente cam­biare la legge elet­to­rale». Renzi risponde che non gli crede. «Biso­gna smon­tare la legge For­nero», continua Alfano. «Lo dici a me? Sei tu che l’hai votata», la replica. «Can­cel­liamo subito il finan­zia­mento pub­blico ai par­titi», tenta ancora il ministro dell’Interno. Renzi: «Fino a ieri stavi con uno che ti pagava a piè di lista le spese del par­tito». L’ultimo colpo tentato da Alfano, in cui si nota la ricerca affannosa dell’applauso, è sulla famiglia idelologica: «natu­rale con un uomo e una donna che ten­dono a pro­creare». «Mi indi­gno davanti a chi chiama un applauso sulla fami­glia e poi non fa niente per soste­nerla in con­creto… Non ce l’ho con te, Angelino» risponde Renzi piccato.

Il primo round è andato decisamente a Matteo Renzi. Chissà, uno scontro Berlusconi-Renzi sarebbe da Nobel della politica. E però non è più possibile, anche se il rammarico di non poterlo vedere resiste.