Si parla del 2014 come l’anno buono per le riforme costituzionali e la nuova legge elettorale. Il presidente Napolitano, facendo gli auguri di Natale alle istituzioni, parla di un nuovo auspicio partendo stavolta da «quel che si muove nella realtà sociale», cioè i forconi, che evidentemente lo preoccupano assai.

A ben vedere, quello “stavolta” citato sopra, è appena diverso dal solito: il Capo dello Stato ha avuto lo stesso auspicio l’anno scorso quando sembrava pronto a lasciare il Quirinale; lo stesso auspicio lo ebbe due anni fa quando si affidò alle grandi speranza montiane: lo stesso auspicio l’aveva anche negli anni precedenti quando le sue principali preoccupazioni si chiamavano Berlusconi. Stavolta no, stavolta il suo auspicio è rivolto a quel che si muove nella realtà sociale perché nelle proteste dei giorni scorsi, il presidente vede il rischio di «ten­sioni e scosse sociali», pur con­fidando in «una ripresa eco­no­mica che pro­duca più occu­pa­zione». Ma l’out out è dietro l’angolo: «Per la fun­zio­na­lità del nostro sistema demo­cra­tico e per il suc­cesso di ogni dise­gno di svi­luppo eco­no­mico» ser­vono le riforme costi­tu­zio­nali. Ecco, sembra quasi una que­stione vitale per Napolitano.

Tra i corazzieri del Quirinale si è visto persino Matteo Renzi, neo segretario PD. Matteo non ha parlato né prima né dopo il discorso di Napolitano. Ma la fretta che sta mettendo al governo e al Parlamento ha una deadline ben precisa: entro febbraio la riforma elettorale, entro maggio quella costituzionale. Non ha però fatto i conti con quel gran regista politico che è Napolitano. Il Capo dello Stato, infatti, cerca di rallentare il ritmo ben sapendo che il primo passo da percorrere sono le riforme costituzionali che hanno tempi più lunghi. Per questo motivo vuole fortemente che l’intesa passi principalmente dalla maggioranza di governo: prima di mettere mano ad una nuova legge elettorale – qualunque sia – bisognerà innanzitutto attendere le motivazioni della Consulta e dopo – il tasto batte sempre lì – ripartire dalla Costituzione. Il nodo centrale del Napolitano-pensiero è la stabilità del governo Letta, niente e nessuno può ostacolare ciò che il regista crede sia più giusto.

Le domande più ricorrenti durante l’incontro di ieri, sono state sulle accuse di interventismo rivolte da Grillo e Forza Italia. Napolitano, con estrema nonchalance, cita Einaudi quando indicava ai suoi predecessori di pre­ser­vare «immuni da qual­siasi incri­na­tura» le facoltà pre­vi­ste dalla Costi­tu­zione. «Le sorti del governo pog­giano sol­tanto sulle sue forze», dice Napo­li­tano esorcizzando le accuse di essere il protettore di Letta. Ma l’interventismo del Capo dello Stato prende il sopravvento, la tentazione di dettare l’agenda politica del 2014 è troppo forte per un presidente forte come Napolitano, soprattutto se si tratta di andare contro i forzisti: «rottura non comporti l’abbandono del disegno di riforme costituzionali. Perché la ricerca della più larga convergenza a questo riguardo in Parlamento resta sempre uno sforzo da compiere e non ha nulla a che vedere con il concordare o contrastare larghe intese o grandi coalizioni di governo».

La stoccata finale il presidente della Repubblica la riserva però a Renzi e a chi indica le elezioni anticipate come unica strada percorribile: «Non man­cherò di ren­dere nota ogni mia ulte­riore valu­ta­zione della soste­ni­bi­lità in ter­mini isti­tu­zio­nali e per­so­nali dell’alto e gra­voso inca­rico affi­da­tomi». Napolitano è sem­pre di più al cen­tro delle dina­mi­che poli­ti­che, per il modo in cui svolge il man­dato e per­sino per come potrebbe rinunciarvi. Un do ut des personalissimo.