La partita per la legge elettorale, e quindi la sopravvivenza del governo Letta, inizia ufficialmente oggi e durerà, presumibilmente, una ventina di giorni o poco più. Si tratta pertanto di varare la nuova legge entro e non oltre il 25 marzo, data ultima per votare a maggio sia per le europee che per le politiche. Se si sfora anche solo di qualche settimana, nel 2014 si voterà solo per il rinnovo del Parlamento europeo. Per riuscirci bisogna che il testo arrivi alla Camera entro la fine di gennaio e licenziato a febbraio, in modo che al Senato arrivi una proposta già approvata dalla maggioranza e dunque senza troppi nodi da sciogliere. Oggettivamente non è un tempo biblico, secondo le normali procedure parlamentari, ma abbastanza stretto per far venire a galla eventuali sabotatori volenterosi di far saltare la deadline decisa da Renzi. Se, come sembra, il segretario democratico riuscisse a raggiungere l’obiettivo di far approvare una nuova legge entro il 25 marzo, l’ipoteca sul voto in concomitanza con le europee diventerebbe così forte che nemmeno i falchi governativi riuscirebbero a scardinarne i meccanismi.

La deadline del Pd è precisa: questa settimana inizieranno le consultazioni bipartisan con tutte le forze politiche partendo da Forza Italia, cinquestelle e il resto degli oppositori al governo. Ad obbiettivo raggiunto si passerà con le forze amiche, ossia i partiti in maggioranza e gli alleati. Il problema principale sarà convincere Berlusconi – sempre lui – a non mettersi di traverso per l’approvazione in tempi brevi senza sforare la road map democratica. Dentro FI prevale nettamente il sistema spagnolo perché garantisce loro il risultato migliore in base ai seggi conquistati, e soprattutto apre le porte alla partecipazione ad un nuovo governo. Il sistema proporzionale, difatti, rende praticamente inevitabile una coalizione di larghe intese visti i tre grossi poli in campo. Dato poi che Grillo è ostile a qualsiasi mescolanza impura, l’unica strada rimasta è il perdurare della Große Koalition con una nuova maggioranza – con leader Renzi – con dentro Pd e FI e forse pure qualche reduce del Ncd.

Tutto questo però è solo nella vision forzista: contatti con Renzi sono stati già avviati dal pavido Verdini e, pare, che il sindaco non abbia sprangato le porte ma nemmeno risposto positivamente. Se Matteo Renzi dovesse bocciare il piano del Cavaliere, alcuni forzisti, come Brunetta e Gelmini, ritengono più conveniente passare direttamente al Mattarellum senza il doppio turno sponsorizzato da Alfano. Altri, come Denis Verdini, ritengono invece che si debba tener duro sul sistema spagnolo nella convinzione che Grillo, alla fine, mirerà proprio a quel sistema. Secondo me Verdini ha fatto bene i conti perché, come diceva ieri Giannuli a Repubblica, il referendum online del M5S non si terrà prima di due-tre settimane, tempo sufficientemente lungo per spostare l’asse pentastellato dal Mattarellum – che li metterebbe sicuramente più in difficoltà – al sistema spagnolo. Va da sè che senza precise garanzie di andare al voto a maggio, nessun forzista è disposto ad appoggiare il Mattarellum

Dal lato renziano i problemi nascono principalmente con i ragazzi di Alfano che a parole dicono di voler far presto, ma per loro rimane più conveniente – per restare oggi e domani al governo – sfoderare le spade e difendere il doppio turno a scanso del sistema spagnolo che li vedrebbe, più o meno, cancellati o eliminati dal podio. Per l’Angelino custode si tratta in pratica di una semplice lotta per la sopravvivenza. Come dargli torto.

Non si sa cosa giri nella testa di Matteo Renzi. Le lotte intestine nelle altre forze politiche fanno sicuramente il suo gioco, tant’è che non è nemmeno escluso che il segretario Pd miri fin dall’inizio al Mattarellum, sistema più mite ed equilibrato. Ma per farlo accettare dal Cavaliere gli si deve offrire in cambio il voto a maggio.