Il nostro paese è pieno di problemi e quindi che si fa? Si combatte seriamente l’evasione fiscale? Si aumenta l’aliquota per le pensioni d’oro? Si tagliano gli stipendi dei super-manager pubblici? Certo che no: si mettono le mani nelle tasche degli insegnanti promuovendo il prelievo forzoso di 150 euro al mese per gli scatti di anzianità maturati erroneamente. Magari anche a quelli con un lavoro precario, quelli che viaggiano ogni giorno con treni sgangherati o con delle carrette che ostinatamente chiamano macchine.

Non bastavano gli otto miliardi e mezzo di tagli che la scuola italiana ha pagato durante gli anni di Gelmini e Tremonti; non bastava la riduzione del tempo dedicato alla scuola, l’impoverimento della proposta culturale, la riduzione di esperienza e qualità che più di 180mila posti tagliati hanno deteriorato la scuola pubblica. No, non bastavano nemmeno i dati che dicono come gli insegnanti italiano siano i peggio pagati d’Europa. E non è bastata nemmeno la catastrofica riforma Fornero che ha invecchiato l’insegnamento pubblico.

Ci eravamo illusi che l’ultimo decreto del ministro Carrozza potesse dare un segnale di inversione restituendo il mal tolto degli ultimi anni. Ci eravamo illusi, appunto. E la sortita del ministro Saccomanni, che nega quei diritti duramente maturati nel 2013, hanno dato l’ultima picconata ad una morente scuola pubblica. Forse nep­pure Tre­monti era arri­vato a tanto, e anche se Letta ha ritirato l’emendamento del suo ministro, resta l’onta dell’ennesima, sciagurata scure abbattutasi sulla cultura.