Quanto conta la coerenza per un politico? E quanto conta se detta al PolitiCamp di Livorno dagli amici civatiani? Parole tipo giustizia, uguaglianza, equità, libertà eccetera, sono corrette perché nessun politico, se ha un minimo di sale in zucca, va in giro ad esaltare i loro contrari. Sentire il termine “coerenza” a Livorno ha un bell’effetto, ma è un ossimoro per tantissimi motivi. Ed è soprattutto pericoloso: dopo devi stare attento mille volte a quello che dici, a quello fai, a come rispondi. Sempre dopo, ma è più importante il prima.

Dopo, non si può più giustificare l’incoerenza con i soliti giri di parole da politicante da campeggio; dopo, non puoi andare in tv con le menate pragmatiche in cui smentisci tutto e il contrario di tutto; dopo, non puoi far finta di nulla perché la gente non è scema e prende nota. Se parli di coerenza, devi esserlo e basta. Ti tocca essere coerente. Ci riuscirai? Al PolitiCamp la coerenza si è nominata, invocata, evocata. Si è affermato che la centralità della coerenza è importante per una sinistra nuova, bella, pulita e credibile. Ne vogliamo parlare?

Anno 2009, primarie per la segreteria del Partito Democratico. Da lì a poco Pier Luigi Bersani sarebbe stato eletto segretario e Pippo Civati era il coordinatore nazionale della mozione Marino. Ricordo che il tema principale di quella campagna, la mia prima tra l’altro, era facile e notevole: “IL SI È SI, IL NO È NO“. In pratica si metteva il cappello sulla coerenza del partito e sulla coerenza dei suoi rappresentanti politici: si decide a maggioranza e quella decisione vale per tutti, anche per chi non l’ha sostenuta. Pippo l’aveva citata in tutti i talk in cui era ospite: si decide a maggioranza e tutti si adeguano. Il mantra era che dovevamo comportarci da democratici, non soltanto scriverlo sui bigliettini da visita. Sono passati cinque anni ed è cambiato il mondo.

La coerenza nel 2014 vale solo finché sei d’accordo. Vale solo quando passano i tuoi OdG e i tuoi emendamenti, le tue proposte e le tue idee. Se invece passano a maggioranza – anche se a larga maggioranza – quelli degli altri, la coerenza dice che devi impugnare il testamento fino alla morte. La coerenza non ha nulla a che vedere con la democrazia perché la democrazia – la tua – è fluida e mutevole. La democrazia resta tale finché ti dà ragione, in caso contrario diventa tirannia fascistoide e c’è bisogno di dirlo in ogni dove: giornali, radio, talk show. E soprattutto a Livorno, la città in cui il PD era partito di governo da decenni e che nelle ultime elezioni ha perso a favore del M5S. La Livorno diventata oggi la roccaforte del civatismo di maniera; oggi, dopo averla persa.

Il si è si, il no è no. E poi ieri è spuntato Nichi Vendola, l’ultimo ossimoro della coerenza. Grazie Pippo: il resto è del demonio, recitava Marino.